giovedì 14 giugno 2012

Il surfista di Santa Barbara che vuole conquistare il mondo con il the



 'Attenti agli squali' è un cartello che c’è nelle vetrine di diversi negozi, giusto per ricordare che Edgartown è pur sempre l’isola di Amity. C’è l’ufficio del consiglio cittadino dove il tenente Brody entra per mostrare la foto del pescecane alle autorità locali che non ci credono (Lo Squalo 2), c’è il corridoio che dà alla stanza dove il cacciatore di squali Quint graffia la lavagna (Lo Squalo 1), c’è la stazione di polizia e il negozio da dove esce il vecchietto per segnalare a Brody che alcuni ragazzi gli hanno rovinato la staccionata. Cartelli e piccole insegne ricordano che questa è quell’isola lì. C’è anche uno ‘Squalo Tour’, dove ti caricano su un pulmino e ti portano a vedere tutte le location del film: quello che mi preoccupa è che non c’è scritto il costo. Perché qui certi prezzi sono da ricovero: una pizza 20 dollari, un hamburger 16 dollari, un mojito 15 dollari e non che me ne freghi molto dei mojiti, ma è giusto per paragonare un robino alto mezzo centimetro che si consuma in 2” netti con un costo del genere. Se li possono tenere tutti, i mojiti. Alla Morning Glory metto in scena dei memorabili espropri proletari di fagioli: in un piatto ci faccio stare chili di roba, manco Renzo Piano edificherebbe delle strutture simili che riescano a stare in perfetto equilibrio l’una sull’altra. Devo ancora abituarmi al fatto che qui tutti, ma proprio tutti, ti fanno passare quando vedono che stai per attraversare la strada sulle strisce pedonali, che poi non sono neanche strisce e sono tutte colorate di verde. Non c’è un semaforo, non ho visto un’insegna che sia una della Coca Cola e non ci sono McDonald’s. A volte mi chiedo se ho preso l’aereo giusto e sono realmente in America.

L’altro giorno il nostro vicino surfista di Santa Barbara ci ha offerto due tranci di pizza francese. Evidentemente cercava rogne: che giudizio vuoi che ti dia un italiano su di una pizza francese fatta da un californiano in Massacchussets? Sempre lo stesso surfista di Santa Barbara ci ha parlato del suo progetto megalomane di conquistare l’America con il the: ha preso un the sudafricano e 800 bottigliette di vetro, poi ha fatto l’etichetta con su scritto Boston Tea Party e vuole venderlo in tutti gli States partendo da Martha’s Vineyard. Il the sa di sciroppo per la tosse e l’etichetta è palesemente una copia di quella della Coca Cola, ma lui è convinto che chiamandolo Boston Tea Party conquisterà il Massacchussets e il mondo intero. 

Mi sono chiesto come facciano a mantenere intatte queste case bianchissime in legno sull’oceano in un’isola sferzata dai venti dell’Atlantico e da non poche perturbazioni; dovrebbero essere tutte rovinate. Poi ho visto muratori che sostituivano le assi di legno con altre nuove ed è probabile che questa pratica la facciano molto spesso. Qui la sabbia è a granuli più grandi e non sembra esistere la salsedine. Intendo dire che quando vado a fare due passi alla Darsena della Barafonda torno a casa che sembro Branduardi. Qui no, sembro uscito da uno spot del Badedas. Sono nella libreria di Edgartown in attesa di Italia – Croazia in streaming. Frittatona di cipolla, famigliare di Peroni gelata e rutto libero.