martedì 12 giugno 2012

Dalla libreria pubblica di Edgartown (almeno qui il wi-fi becca), mentre un poliziotto tipo Matlok mi osserva


Bon, la prima settimana è andata. A me più che a Martha’s Vineyard sembra di essere a Covignano, se non fosse per corvi grandi come avvoltoi (capisco perché Hitchock li ha scelti per il suo film), scoiattoli con l’immancabile ghianda , futuri arrosti di coniglio che brucano in giardino e jepponi enormi che per salirci sopra devi fare free climbing: che senso hanno macchinoni come quelli in un’isola come questa dove in soli venti minuti di cammino passi da una giungla nordamericana ad un villaggio  con le case che sembrano le bomboniere dei matrimoni? Ho toccato per la prima volta l’oceano ed è uguale a quello della Barafonda, anche il mare è lo stesso, cambiano soltanto le dimensioni all’orizzonte e chi ci sguazza dentro. Ci sono nove ore di volo d’acqua davanti a me e un po’ di balene attorno all’isola di Nantucket, dove è ambientato Moby Dick e dove l’acqua è molto più profonda e scura: lì ci sono veramente i pescecani a pochi passi dalla riva. A Martha’s Vineyard invece il fondale è basso, anche a molti chilometri fuori dalla costa: ecco perché hanno girato qui Lo Squalo, perché potevano appoggiare sul fondo i macchinari per muovere la bestiaccia. Domenica scorsa ho assistito a Italia-Spagna degli Europei dai gradini della libreria pubblica di Edgartown all’ombra di quelli che sembrano tigli. L’unico ululato qui nell’ultimo mese credo di averlo lanciato io al gol di Di Natale: la gente per strada guardava strana, ma cosa vuoi che capiscano gli americani di che cos’è un gol dell’Italia? L’isola è piena di cervi. Avete presente in Stand by me quando Gordie riposa vicino ai binari della ferrovia e spunta fuori un daino che si ferma a guardarlo? Ecco, qui è così: la stessa fitta vegetazione, gli stessi cervi nascosti all’interno. Alla fattoria si mangia bene, ma mettono tutto in un piatto mischiato assieme, tutto sparpagliato qua e là: primo, secondo, terzo, frutta, non fanno alcuna distinzione. C’è solo un’ora di pausa pranzo, tutti mangiano dove capita e non sanno cosa significhi  stare a tavola. Ah dì. Come dice un vecchio detto, gli americani mangiano per vivere, gli italiani vivono per mangiare. Comunque ci si adatta: visto che il cibo è gratis e comune, mi comporto come il miglior Trinità, soprattutto quando ci sono i fagioli. http://www.youtube.com/watch?v=7Xr5oNTfL1I


Il tabasco è l’odore dell’isola, si sente quasi ovunque all’interno. Il fatto è che non lo producono qui il tabasco, ma credo solo in Pennsylvania, dunque forse qui lo usano anche nei condizionatori d’aria, altrimenti non si spiega tutto ‘sto odore di peperoncino/aceto selvaggio attorno. Il caffè ha un senso solo con l’immaginazione, ma almeno l’altro giorno hanno fatto una parmigiana niente male. I bus sono tutti bianchi e passano ad orari quasi casuali, la gente è tutta spilungona e ingobbita, tipo Stephen King: li hanno stirati da piccoli e poi da grandi forse giocano troppo a golf. Ah, ho letto il Martha’s Vineyard Times, il giornale locale; avessi detto… è come il Fo, tutta pubblicità e due articoli in croce. Mi hanno derubato per un hamburger (5 dollari, li mortacci loro), io li ho fregati con la Barilla e un sugo calabrese, spendendo due lire e mangiando il triplo. La pizza a 20 dollari può stare tranquillamente dov’è, ovvero al Flatbread Company (avessi detto): la mangio quando torno. Alla fattoria c’è gente di tutti i tipi: c’è il cuoco che è il sosia di Doc di Ritorno al Futuro, c’è l’italo-americana calabrese che dice sempre di sì in continuazione (e questo potrebbe essere una cosa positiva…), c’è quello di Boston che tifa i Celtics e che guarda solo i Celtics senza sapere quale sia l’altra semifinalista, c’è la signorina Rottenmeier, ci sono un paio di slavi che si tengono informati sugli europei, c’è quello che razzola tutto il razzolabile possibile che c’è in cucina (io). Si chiamano Deanna, Grace, Wearing, Andrew, Graham, Vuk, Judith, Robert, Jack, Chris, Christian, Baker, Annabell e altri che non mi ricordo il nome. Tutti, tutti, tutti ma proprio tutti hanno un tatuaggio sulla spalla sinistra: alcuni non sono male, sembrano i disegni di Craig Thompson. Qui a Martha’s Vineyard ci sono un sacco di personaggi famosi; io non ne ho visto manco mezzo fin’ora, anche se due giorni fa ho visto uno che sembrava Danny De Vito e che forse era realmente Danny De Vito. Ma poi mi sono detto: chi in vita sua non ha mai visto uno che assomigliava a Danny De Vito? Ecco dunque che forse non era lui ma era l’ennesimo dei suoi sosia sparsi per il mondo.